Questo sito utilizza cookie, anche di terze parti, per migliorare i servizi e l'esperienza di navigazione. Chiudendo questo banner, scorrendo la pagina web o cliccando qualunque altro suo elemento acconsentirai all'uso dei cookie. Se vuoi avere maggiori informazioni o sapere come negare il consenso a tutti o ad alcuni dei cookie clicca qui
Ho capito
Prosegugio TrentinaGruppo Esperti Val RendenaAssociazione Ornitologica Capannisti TrentiniAssociazione Beccacciai TrentiniGruppo HubertusGruppo Cinofilo TrentinoGruppo Cacciatrici Trentine



    

    
fauna -23

 

Camoscio

Lo status del camoscio sulle Alpi italiane è in costante miglioramento negli ultimi decenni, anche grazie ad una sua più consapevole gestione venatoria. Nel 2000 venivano stimati presenti sull’Arco alpino italiano circa 123400 camosci, per una densità media di 4,6 capi/100 ha, seppur con una notevole differenza tra le diverse popolazioni (Pedrotti et al.2001). Nel 2005 la consistenza complessiva del camoscio sulle Alpi italiane poteva essere stimata in circa 137000 capi, con un aumento rispetto al dato pregresso dell’11% (Carnevali et al. 2009): si tenga presente come il 57% degli abbattimenti della stagione venatoria 2004-2005 risultava concentrato in Trentino - Alto Adige.

Il camoscio era diffuso in provincia di Trento, come su tutto l’Arco alpino, sino alla metà del XVIII secolo. Da questo periodo fino agli anni ’50 del secolo scorso si sono registrate notevoli contrazioni della consistenza, soprattutto a causa della rilevante presenza umana negli ambienti alpini, che lo relegò nelle aree più impervie e marginali (Pedrotti et al.2001). Il lavoro edito nel 1959 dal Touring Club Italiano (AA.VV. 1959) parla del camoscio come del “…grosso mammifero più diffuso nella regione alpina del nostro paese…”, favorito, rispetto agli altri ungulati, dalle caratteristiche comportamentali e dagli habitat frequentati. Entrambi gli aspetti gli hanno consentito di “…difendersi dalle insidie dei cacciatori e dei bracconieri…” e dall’elevata antropizzazione della montagna.

È solo a partire dal secondo dopoguerra che inizia il recupero della specie sulle Alpi ed anche in Trentino, sia in termini di consistenza che di areali occupati, a causa del progressivo abbandono da parte dell’uomo delle zone di montagna. Questo recupero è divenuto particolarmente evidente negli anni ’60 e ’70 del secolo scorso.

Durante il XX secolo in provincia di Trento il camoscio è in ogni caso stato sempre presente, anche se in modo non omogeneo: le statistiche riferite al 1929, (Associazione Fascista dei Cacciatori della Provincia di Trento 1930), riferiscono di abbattimenti di 315 capi di camoscio; la stessa fonte osserva come “…i quantitativi di selvaggina uccisa indicati nei singoli questionari sono indubbiamente esageratamente bassi per quanto riguarda camoscio e capriolo…” concludendo che “...si può ammettere un’uccisione (…)doppia di quella apparente nei questionari…”.

Dati più recenti riferiscono di abbattimenti pari a 374 capi nel 1966, fino ai 1447 del 1989, a fronte di una consistenza passata negli stessi anni da 4500 animali a più di 12300. Nel 2008 in provincia di Trento è stata stimata la presenza di circa 25000 camosci per una densità media superiore agli 11 capi/100 ha: questo dato conferma una costante crescita della popolazione, che quindici anni prima, nel 1993, era stimata in circa 16000 capi.

Oggi in Trentino, accanto a zone in cui il camoscio è presente da decenni, vi sono comunque aree in cui lo stesso si è stabilizzato da poco grazie ad interventi di reintroduzione e ripopolamento anche piuttosto recenti (cfr. Misone-Casale, 12 capi rilasciati nel 2001-2003) o a fenomeni di migrazione spontanea da aree contigue (cfr. Monte Baldo).

ASSEGNAZIONI E ABBATTIMENTI DAL 1992


Camoscio_Assegnazioni ed abbattimenti_1992-2020

 

 

Riferimenti bibliografici
AA.VV., 1959 - La fauna. Conosci l’Italia. Touring Club Italiano, Milano, pp. 41-42.
Associazione Fascista dei Cacciatori della Provincia di Trento, 1930 - Selvaggina nella provincia di Trento. Risultati dell’inchiesta per l’anno 1929. Trento.
Brugnoli A., 1993 - Il cervo in provincia di Trento: situazione attuale ed analisi degli abbattimenti 1990-1991. Dendronatura 1/93:45-54
Carnevali L., Pedrotti L., Riga F., Toso S., 2009 - Banca Dati Ungulati. Status, distribuzione, consistenza, gestione e prelievo venatorio delle popolazioni di Ungulati in Italia. Rapporto 2001-2005. Biol. Cons. Fauna 117: 1-168.
Haller H., 2002 - Der Rothirsch im Schweizerischen Nationalpark und dessen Umgebung. Eine alpine Population von Cervus elaphus zeitlich und räumlich dokumentiert. Nationalpark-Forschung in der Schweiz 91, 144 pp.
Nardin D., 1994 - Storia dei cervi di Paneveggio. Dendronatura 1/94:41-44
Pedrotti L., Bragalanti N., 2008 - Progetto Cervo. Piano di conservazione e gestione del cervo nel settore trentino del Parco Nazionale dello Stelvio e nel Distretto Faunistico Val di Sole. Consorzio Parco Nazionale dello Stelvio, 304 pp.
Pedrotti L., Duprè E., Preatoni D., Toso S., 2001 - Banca Dati Ungulati: status, distribuzione, consistenza, gestione, prelievo venatorio e potenzialità degli Ungulati in Italia. Biol. Cons. Fauna 109: 1-132.