Testi integrali di interesse
La gestione della lepre bruna (Lepus europaeus Pallas, 1778) nelle province alpine è ancor oggi legata soprattutto a concetti venatori e poco si è fatto fino ad ora per evolvere questo approccio e definire la gestione della specie su basi tecnico-scientifiche già sperimentate in molte province del centro Italia nonché in molti Stati europei. La necessità di impostare il prelievo della lepre su un solido approccio metodologico risulta ancor più importante in questo momento in cui le modificazioni ambientali, in special modo nelle zone rurali, ne rendono problematico un criterio unicamente venatorio. La diminuzione dell’habitat favorevole alla lepre e la riduzione della densità delle popolazioni di collina e montagna (rispetto agli anni ‘60 e ‘70 del secolo scorso) sono due aspetti di fondamentale importanza che presuppongono non più una gestione determinata solamente dai tempi di caccia ma un’implementazione del modello gestionale.
Le principali cause del ritardo nell’introduzione di norme finalizzate ad un migliore management della lepre sono costituite da un lato dalla mentalità di una parte dei cacciatori ancora poco pronta e dall’altro da una difficoltà delle Amministrazioni ad introdurre norme stringenti per una specie di vasto interesse venatorio.
In provincia di Trento la pianificazione della lepre ha registrato negli ultimi anni alcuni passi avanti riguardo alla definizione di metodi di approccio più corretti rispetto alle effettive esigenze della specie. Quanto finora attuato, è da considerare come il primo step rispetto ad un percorso che dovrà necessariamente introdurre ulteriori migliorie nell’approccio alla lepre.
Non va sottovalutato che in Provincia di Trento l’interesse per la lepre è localizzato nelle aree di fondovalle e nelle riserve in cui la presenza di ungulati è ridotta: nelle altre aree i cacciatori di lepre sono praticamente assenti e la mancanza di norme gestionali specifiche è dovuta unicamente al fatto che la specie non è oggetto di caccia. Come si vedrà più avanti nel testo, in molte valli interne la caccia con il segugio alla lepre non è praticata così come è assolutamente sporadica e marginale la caccia con il cane da ferma, che in alcuni casi consente di alzare una lepre con conseguente abbattimento. Nelle riserve di fondovalle la caccia alla lepre è rimasta una delle attività venatorie più importanti e in questi contesti le attenzioni gestionali sono sensibilmente maggiori tanto da arrivare, il determinati casi, ad una sorta di contingentamento e ad una gestione basata su conteggi, stime di consistenza e valutazione dei carichi di prelievo. Più generale nelle riserve è l’istituzione, a prescindere dal grado di interesse venatorio, di aree di divieto di caccia alla specie.
Considerando l’intero territorio provinciale, è possibile affermare che la specie non è selvaggina di interesse venatorio nel 30% dei Distretti Faunistici della Provincia.
Al fine di inquadrare in che modo la lepre comune e la lepre bianca sono tutelate a livello normativo, di seguito è riassunto quanto previsto dalle leggi, dalle delibere gestionali emanate dagli organi della Provincia di Trento e dai regolamenti interni delle riserve di caccia. I riferimenti normativi trattati sono:
La legge nazionale n. 157 del 1992 inserisce la lepre bruna e la lepre variabile tra le specie cacciabili: la prima dalla terza domenica di settembre al 31 dicembre mentre la seconda dal 1 ottobre al 30 novembre. La legge nazionale stabilisce che la caccia a queste specie è consentita da un’ora prima del sorgere del sole fino al tramonto; il singolo cacciatore può esercitare la caccia alla lepre per tre giorni alla settimana dei cinque disponibili (art. 18) Nella norma nazionale non vi sono altre indicazioni specifiche riferite ai Leporidi.
La legge provinciale n. 24 del 1991 inserisce all’articolo 29 la lepre comune e la lepre variabile come specie cacciabili. I tempi di caccia consentiti dalla norma provinciale per le due specie sono i medesimi individuati dalla legge nazionale n. 157 così come uguale è rimasto l’orario del giorno un cui è possibile praticare questo tipo di caccia. Al comma 6 lettera c dell’articolo 29 vengono individuate le limitazioni del prelievo alla lepre con terreno coperto di neve, specificando la possibilità di esercitare la caccia alla specie su terreno coperto da neve in tutto o nella maggior parte solo con il cane e con il divieto per il cacciatore di seguirne le orme.
La legge provinciale n. 11 del 2007 vieta l’utilizzo del cane per l’esercizio della caccia all’interno dei Parchi Naturali Provinciali (Adamello-Brenta e Paneveggio-Pale di San Martino): questo di fatto limita sensibilmente la possibilità di cacciare le due specie di lepre all’interno di una superficie pari al 10% del territorio provinciale (fig. 1).
Fig. 1 – Localizzazione dei Parchi Naturali Provinciali.
L’articolo 28 della legge provinciale n. 24 del 1991 disciplina la programmazione del prelievo rimandando la definizione delle specie oggetto di pianificazione e la formulazione degli stessi piani alle direttive del Piano Faunistico. La lepre non è specie contingentata ma il Piano Faunistico Provinciale delinea chiaramente quali dovrebbero essere le linee di gestione della specie. il Piano Faunistico è il documento gestionale che entra maggiormente nel dettaglio per quanto riguarda le due specie. il Piano si spinge a trattare in maniera autonoma i due Leporidi dando indicazioni puntuali per ciascuna specie.
Nelle Prescrizioni Tecniche per l’esercizio della caccia in Provincia di Trento valide per la stagione 2014/2015, documento annualmente approvato dal Comitato Faunistico Provinciale finalizzato all’ulteriore definizione delle norme e dei criteri di prelievo, quanto sopra descritto riguardo le norme di gestione della specie è ulteriormente approfondito e limitato nel seguente modo:
I regolamenti interni delle riserve hanno il loro riferimento normativo all’articolo 17 della Legge provinciale n. 24 del 1991 e all’articolo 9 del Regolamento di attuazione della L.P. 24/91 (Decreto del Presidente della Giunta Provinciale del 17 novembre 1992, n. 16-69/Leg). I regolamenti interni possono introdurre ulteriori limitazione a quanto previsto dalla normativa di ordine giuridico superiore. I regolamenti interni disciplinano anche:
In Provincia di Trento quasi tutte le riserve di caccia hanno un proprio regolamento interno nel quale sono inserite anche norme che regolamentano la caccia alla lepre. Nello specifico, ma si vedrà più avanti con maggior dettaglio, l’11% delle riserve ha introdotto norme che obbligano il cacciatore a denunciare l’abbattimento della lepre con modalità simili a quelle previste per gli ungulati, il 4% ha adottato norme funzionali alla pianificazione del prelievo della lepre, il 6% limita la caccia alla specie con posticipo dell’apertura della caccia, il 7% limita il prelievo con l’anticipo della chiusura della caccia alla specie, il 26% delle riserve ha introdotto norme per la chiusura della caccia alla lepre in determinate aree, il 17% delle riserve invece limita temporalmente la caccia (meno giorni dei consentiti dalla legge o limitazioni orarie nella giornata), nel 18% dei comparti di gestione è prevista la possibilità per il rettore della riserva di limitare la caccia alla lepre durante il corso della stagione venatoria e infine nel 3% delle riserve sono istituite con specifica norma bandite di caccia finalizzate alla cattura e alla traslocazione di lepri.
Quanto previsto dalla normativa di riserva sopra accennata è riferito alla lepre comune vista la poca pressione venatoria sulla lepre bianca.
La gestione della caccia in Provincia di Trento è basata sul sistema riservistico. Le Riserve di caccia furono istituite nel 1849 dall’allora imperatore d’Austria-Ungheria Francesco Giuseppe e successivamente mutuate nella legislazione italiana nel 1931. La legge attuale mantiene inalterato il sistema riservistico e stabilisce che alla gestione della caccia nelle Riserve si occupi, sulla base di un’apposita convenzione con la Provincia Autonoma di Trento, l’associazione dei cacciatori cui sia stata riconosciuta personalità giuridica in sede provinciale e che risulti la più rappresentativa in ambito provinciale; nel caso specifico si tratta dell’ Associazione Cacciatori Trentini. Ogni Riserva di caccia (attualmente in numero di 209) corrisponde alla superficie catastale del rispettivo comune.
Fig. 2 – Comparti di gestione della Provincia di Trento – Riserve di caccia.
Le Riserve comunali sono accorpate in distretti faunistici, individuati considerando sia aspetti amministrativi, seguendo i confini delle riserve, che orografici considerando confini naturali (fig. 2 e 3).
Per rispondere a specifiche esigenze di gestione venatoria quali, per esempio limitazioni temporali, zonali o riguardanti le modalità dell’attività venatoria, limitazioni di specie o di sesso, ogni Riserva può, nel rispetto delle prescrizioni deliberate dal Comitato Faunistico Provinciale (Prescrizioni tecniche per l’esercizio della caccia in Provincia di Trento), adottare regolamenti interni contenenti norme particolari.
La gestione della lepre in provincia di Trento, a livello normativo, è attualmente regolamentata solamente dai tempi di apertura e chiusura del prelievo. Tendenzialmente per la lepre comune il periodo di prelievo inizia con la terza domenica di settembre e si chiude il 15 dicembre. In tal senso, all’interno dei periodi di esercizio venatorio consentito, è facoltà delle singole Riserve comunali di caccia definire dei criteri e delle modalità di caccia maggiormente dettagliati.
A livello pratico la tipologia di caccia alla lepre più diffusa è quella con il cane segugio. In taluni casi i prelievi vengono realizzati anche con i cani da ferma durante la tradizionale caccia alla beccaccia e ai tetraonidi. Nelle zone agricole una buona parte del prelievo viene realizzata senza l’ausilio dei cani ma battendo i frutteti e i vigneti e sparando alla lepre una volta uscita dal covo. Tale tipologia di caccia male si sposa con la tradizionale caccia con il segugio ed è ritenuta poco educativa, oltre che di bassa capacità socializzante. La sua resa è certamente buona, specialmente in quelle zone in cui l’alta densità di presenza della specie consente un facile contatto con gli animali e quindi un facile carniere.
Fig. 3 – Comparti di gestione della Provincia di Trento – Distretti faunistici.
Le popolazioni di lepre della provincia di Trento hanno registrato, come del resto in tutta Europa, un brusco declino a partire dalla metà degli anni settanta del secolo scorso. I massimi di prelievo sono stati raggiunti nel triennio 1972-1974 ed a partire da 1975 si è avuto un costante ed inesorabile declino degli abbattimenti con il minimo di prelievi nel 2000 (1610 abbattimenti). Importante segnalare la pratica, in uso fino alla prima metà degli anni ’90 del secolo scorso, del rilascio di lepri sia di allevamento che di cattura, nazionale ed estera.
Dal 2000 ad oggi si è registrata una leggera ripresa nelle catture anche se l’andamento dei prelievi dal 1990 in poi sembra suggerire una tendenziale stabilità degli abbattimenti che oscillano attorno ad un valore medio di 2300 capi all’anno.
L’unico dato ufficiale di distribuzione della lepre in territorio Trenino data al 2003: il Piano Faunistico approvato in quell’anno individuava per la sola lepre variabile una mappa indicante le aree abitate da questa specie (fig. 4).
Fig. 4 – Distribuzione della lepre variabile – Piano Faunistico Provinciale, 2003.
Per quanto riguarda la lepre bruna sia il Piano Faunistico del 2003 che la revisione del 2010 non individuano veri e propri areali ma indicano le tipolgie di habitat nelle quali la specie è presente. Al fine di fornire il dato più aggiornato si riporta quanto contenuto nel Piano Faunistico del 2010. Riguardo la lepre bruna il Piano afferma: “Sulle Alpi la specie si spinge fino al limite superiore del bosco, sovrapponendo il suo areale a quello della lepre variabile. La sua presenza è riscontrabile in una grande varietà i ambienti ma sono nettamente preferite le aree caratterizzate da una buona diversità ambientale e da un elevato indice ecotonale (boschi alternati a radure, terreni a coltivazione, zone cespugliate, praterie sfalciate). […] Va peraltro impossibile fornire una stima quantitativa degli individui presenti, anche se le poche informazioni a disposizione fanno ipotizzare che lo status delle popolazioni sia soddisfacente”.
Per la lepre variabile nel documento citato è scritto: “Il suo habitat è compreso tra 1.000 e 2.500-3.000 m s.l.m., dove frequesta tutte le tipologie ambientali presenti, dai boschi di alta montagna fino alle aree sopra il limite della vegetazione, smepre con netta predilezione per le zone aperte e radure. […] In Trentino la lepre bianca sembra ben distribuita in tutte le zone di alt quota poste sopra il limite del bosco, sebbene siano frequenti le segnalazioni anche a quote più basse. È peraltro impossibile fornire una stima quantitativa degli individui presenti, anche se le poche informazioni a disposizione fanno ipotizzare che lo status delle popolazioni sia soddisfacente .“
Le informazioni disponibili dai carnieri riescono a dare ridotte informazioni rispetto alla distribuzione: come detto precedentemente il prevalente interesse dei cacciatori trentini per la caccia agli ungulati determina anche il totale abbandono in alcuni contesti della caccia alla lepre. Questo comporta che l’assenza di carniere in alcune parti del territorio provinciale non corrisponde ad un’assenza della specie ma semplicemente ad una mancata raccolta del dato.
In merito alla lepre bruna, si può affermare che in Trentino è presente con buone densità in tutte le zone coltivate a frutteto. La densità si riduce nelle zone collinari e di bassa montagna caratterizzate da prati a sfalcio. Salendo di quota e portadosi in aree con maggior percentuale di aree boscate, la densità si riduce ulteriormente per arrivare alla non presenza della specie in contesti un cui la copertura boscosa copre ininterrotamente superfici molto ampie.
Per quanto riguarda la lepre variabile, la distribuzione odierna rispecchia, verosimilmente, quella descritta nel Piano Faunistico del 2010.
Il monitoraggio della lepre comune è realizzato in concomitanza con il conteggio notturno del cervo e del capriolo lungo transetti campione. Le squadre di censimento durante l’attività di raccolta del dato di presenza dei cervidi annotano anche il numero delle lepri avvistate: questo consente di raccogliere preziose informazioni in merito al trend di presenza della lepre. I conteggi notturni in oggetto sono realizzati all’inizio della primavera ovvero in periodo preriproduttivo. Il monitoraggio in atto, evidentemente, potrà essere implementato con una seconda sessione di conteggio postriproduttiva o precaccia al fine di comprendere la produttività annuale della specie, ma è comunque da considerarsi un importante e valido dato gestionale vista l’estensione dell’area monitorata.
Annualmente vengono percorsi complessivamente 12.135 chilometri, suddivisi in tre uscite (4.045 chilometri per uscita), per monitorare la lepre comune. Il dati disponibili si riferiscono al periodo compreso tra il 2011 e il 2014: il numero di soggetti avvistati oscilla tra le 917 lepri contate nella terza uscita del 2014 e le 1137 della seconda uscita del 2012. Il grafico mostra l’andamento dell’avvistato.
Graf. 1 – Andamento avvistamenti lepre comune lungo i transetti di censimento notturno della specie cervo.
Graf. 2 – Andamento della media e del massimo avvistato di lepre comune lungo i transetti di censimento notturno della specie cervo.
Come si nota dai grafici 1 e 2, l’andamento del quadriennio è sostanzialmente stabile. Come detto in altre parti del testo, il rilievo della specie potrebbe essere implementato prevedendo uscite postriproduttive o precaccia al fine di comprendere l’andamento stagionale della riproduzione. Questo rilievo è ipotizzabile per quei distretti nei quali la specie è oggetto di maggiori attenzioni venatorie.
Per quanto riguarda la lepre bianca, va detto che la pressione venatoria su questa specie è talmente bassa che l’impatto dell’attività di caccia è da considerarsi poco significativo rispetto alla dinamica di popolazione. Diversamente, sulla lepre bianca potrebbe essere attuato un monitoraggio a posteriori con la raccolta di informazioni relative al carniere e in particolar modo all’età e al sesso dei soggetti abbattuti.
Il monitoraggio della lepre comune è maggiormente intenso in quelle riserve che attuano forme di pianificazione del prelievo. Attualmente alcune riserve conteggiano la lepre su transetti campione anche in periodo postriproduttivo: i dati di censimento sono elaborati per effettuare calcoli di densità di presenza e consistenza sui quali viene tarato il carico di prelievo annuale. Il calcolo della densità risulta possibile perché le zone considerate sono afferenti ad aree di pianura coltivata a fruttetto e sostanzialmente chiuse. Due di queste riserve, Aldeno e Trento Sud, sono monitorate dal 2004 e per questi ambiti sono disponibili serie storiche di dati che consentono, con buona precisione, di comprendere lo stato della popolazione locale per attuare politiche di gestione corrette.
È opportuno, infine, citare l’attività di monitoraggio della lepre nelle bandite di cattura. In queste zone il conteggio della lepre è funzionale a comprendere l’abbondanza della specie per stabilire il numero massimo di capi che si possono catturare e trasferire in altre aree delle riserve. Il conteggio è effettuato in periodo postriproduttivo e comporta la percorrenza di 111,9 chilometri complessivi (37,3 chilometri per uscita). L’attività di cattura nell’ultimo quinquennio è sensibilmente aumentata: alle due bandite storiche delle riserve di Avio e Volano si sono aggiunte quelle delle riserve di Ala, Beseno, Rovereto e Trento Sud per un totale di superficie di rispetto per la specie finalizzata alla cattra pari a 651,8 ettari.
Per quanto riguarda la lepre bianca, data la distribuzione della specie in aree di difficile percorrenza, non sono attuate azioni di monitoraggio.
L’analisi del carniere può dare indicazioni sullo stato della specie. Come già accennato nel testo, la dinamica di popolazione della lepre in Provincia di Trento, ma più in generale in Italia e in Europa, è stata condizionata dalla sindrome emorragica della lepre bruna (EBHS) che a partire dagli anni ’80 dello scorso secolo ha determinato una fortissima riduzione dei contingenti di lepre. Va anche detto che la diminuzione della distribuzione e della consistenza della lepre bruna è da attribuire anche ad una progressiva perdita di habitat.
Il prelievo di lepre, dal 1990 ad oggi è oscillato tra i 2026 capi del 1996 e i 2827 del 2009, escludendo i picchi negativi degli anni compresi tra il 1999 e il 2002 e l’anno 2005. Se si analizza il grafico 3 si nota come vi sia una graduale contrazione dei prelievi dal 1990 al 2002 (media annuale di prelievo del periodo pari a 2.145 capi); dal 2003 si rileva una ripresa delle catture con stabilizzazione del carniere provinciale attorno ai 2500 abbattimenti (media annuale di prelievo del periodo pari a 2.484 capi).
Il periodo antecedente al 1990 è di difficile analisi e non è paragonabile all’attuale situazione sia per le condizioni ambientali sia per l’abbondante utilizzo della pratica del rilascio di lepri di allevamento e di cattura (non locale). Questa pratica è proseguita anche nei primi anni ’90 dello scorso secolo ma con minore intensità (meno capi rilasciati e numero inferiore di riserve coinvolte).
Attualmente il prelievo ha raggiunto buoni valori e, stante la situazione ambientale della Provincia e l’attenzione gestionale riservata alla specie in molte riserve, sembra si sia stabilizzato. Ci sono alcuni ambiti territoriali in cui la specie potrebbe incrementare areale e consistenza, fattore che in tutti i casi non sembra possa condizionare sensibilmente il carniere provinciale. In conclusione, valutando la situazione odierna, dovrebbero essere attuate azioni per cercare di mantenere su questi valori il carniere provinciale, conservando buone popolazioni sul territorio.
Graf. 3 – Andamento del carniere provinciale di lepre comune dal 1965 al 2014.
Il carniere provinciale della lepre bianca è molto meno stabile di quello della lepre comune e questo in ragione, principalmente, del forte condizionamento che subisce il prelievo dalle condizioni meterologiche stagionali: nel caso di nevicate anticipate, le zone di presenza della specie non sono più raggiungibili e utilizzabili con conseguente mancata possibilità di caccia.
La media annuale di prelievo dal 1997 al 2014 è di 156 capi: i valori del 2014 sono in linea con questo valore. Il ridotto numero di capi abbattuti non consente particolari analisi.
Dei 149 abbattimenti realizzati nel 2014, 55 sono stati effettuati in orografica destra del fiume Adige e 94 in sinistra: questi dati portano a ritenere che l’entità del prelievo difficilmente può costituire elemento capace di influenzare la dinamica di popolazione. Nel 2013 i 129 abbattimenti erano ripartiti in 55 in orografica destra del fiume Adige e in 74 in sinistra.
Tab. 3 – Riepilogo degli abbattimenti provinciali di lepre bianca dal 1997 al 2014.
Graf. 4 – Andamento del carniere provinciale di lepre bianca dal 1997 al 2014.
Angelici F., F. Riga e L. Boitani, 1993 – Preliminary data on the dispersal and mortality of Brown hares Lepus europaeus Pallas, 1778, bred in captivity, released in the province of Rome. Suppl. Ric. Biol. Selvaggina XXI (1993): 343-351.
Campagnoli P., P. Gatti e L. Pedrotti, 1997 – Rapporto lepre comune. Valutazione delle operazioni di ripopolamento effettuate sul territorio provinciale. Amministrazione Provinciale di Varese (relazione interna).
De Battisti R., V. Trocchi e U. Zamboni, 2002 – Indagini per la definizione di un modello di gestione della lepre (Lepus europaeus) in ambiente alpino. L’esperienza della Provincia di Trento. Associazione Cacciatori della Provincia di Trento.
Facoetti R. e E. Carlini, 1999 – Risultati dell’analisi del cristallino nelle lepri abbattute durante la stagione venatoria 1998-1999. Comprensorio Alpino di Caccia “Prealpi Lecchesi” (relazione interna).
Feldhamer G., L. Drickamer, S. Vessey e J. Merritt, 2003 – Mammalogy. Adaptation, diversity, ecology. McGraw Hill.
Gatti P., L. Wauters, C. Bianchi, E. Carlini, S. Piccinini e P. Zubiani, 1997 – Progetto lepre. Analisi degli esiti delle immissioni di lepre comune (Lepus europaeus Pallas, 1778) nella Zona di ripopolamento e cattura “Piani d’Erba” e nell’Oasi di protezione faunistica “Parco Pineta” verificati tramite tecniche di radiotracking. Amministrazione Provinciale di Como (relazione interna).
Gobbi G., I. Grimod e A. Mochet, 2001 – Ricerca sull’ecologia della Lepre comune Lepus europaeus in Valle d’Aosta e sugli interventi di miglioramento ambientale finalizzati alla conservazione della specie. Regione Autonoma Valle d’Aosta, Assessorato Agricoltura e Risorse Naturali.
Grzimek B., 1990 – Enciclopedia of mammals. Lagomorphs. Vol 4: 244-313. McGraw Hill.
Lavazza A. et alii, 1996 – Profilassi vaccinale nei confronti della sindrome della Lepre bruna europea (EBHS). Suppl. Ric. Biol. Selvaggina XXIV (1996): 521-528.
Lavazza A. et. alii, 1996, Monitoraggio sanitario della Lepre (Lepus europaeus) in provincia di Ravenna. Suppl. Ric. Biol. Selvaggina XXIV (1996): 467-486.
Lavazza A. e L. Capucci, 1996 – La gestione delle malattie infettive della fauna selvatica nelle aree protette: European Brown Hare Sindrome. Istituto Zooprofilattico della Lombardia ed Emilia Romagna “Bruno Ubertini”.
Lavazza A. e L. Capucci, 1996 – Importanza dell’EBHS nella gestione della Lepre. Suppl. Ric. Biol. Selvaggina XXIV (1996): 367-389.
Leoncini F., F. Matteucci e V. Trocchi, 1992 – La Lepre in Toscana. Indicazioni per l’allevamento e la gestione. Consiglio Regionale Toscano Federcaccia. Edizioni OIKOS.
Meriggi A., M. Ferloni e R. Geremia, 2001 – Studio sul successo dei ripopolamenti di lepre. Università degli Studi di Pavia.
Odasso M., S. Mayr, P. De Franceschi, S. Zorzi e S. Mattedi, 2002 – Miglioramenti ambientali a fini faunistici. Localizzazione delle zone, priorità e modalità gestionali per interventi a favore di Lepre comune, Fagiano di monte, Coturnice e Re di quaglie. Amministrazione della Provincia Autonoma di Trento.
Paci G. e M. Battaglia, 2003 – La Lepre e l’ambiente agricolo. Dipartimento Produzione Animali-Facoltà di Malattia Veterinaria-Università di Pisa.
Pecchioli E., 2004 – Variabilità e struttura genetica in Lepus timidus: aspetti micro e macrogeografici, filogenetici e adatativi. Tesi di Dottorato. Università degli Studi di Ferrara. (relazione interna).
Pedrini P., M. Caldonazzi e S. Zanghellini, (a cura di) 2005 – Atlante degli Uccelli nidificanti e svernanti in provincia di Trento. Museo Tridentino di Scienze Naturali, Trento. Studi Trentini di Scienze Naturali, Acta Biologica, 80 (2003), suppl. 2: 692 pp.
Peroux R., 1995 – Le lièvre d’Europe. Bulletin Mensuel de l’Office National de la Chasse, Spécial Lièvre d’Europe. N. 204, 96 pp.
Pfister H. P., 2002 – Feldhase. Schlussbericht 1991-2000. Schriftenreihe umwelt nr 334. Bundesamt fur Umwelt, Wald und Landschaft, BUWAL.
Randi E., 1993 – Genetica delle piccole popolazioni. Suppl. Ric. Biol. Selvaggina XXI (1993): 151-166.
Rebernig R., 2000 – Prime indagini demoecologiche sulle popolazioni di lepre comune (Lepus europaeus Pallas) in Provincia di Belluno. Università degli Studi di Padova e Amministrazione Provinciale di Belluno.
Rühe F. e U. Hohmann, 2004 – Seasonal locomotion and home-range characteristics of European hares (Lepus europaeus) in arable region in central Germany. University of Göttingen.
Simonetta A. e F. Dessì-Fulgheri (a cura di), 1998 – Principi e Tecniche di gestione faunistico-venatoria. Greentime.
Spagnesi M. e V. Trocchi, 1993 – La Lepre comune. Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica, Documenti Tecnici, 13.
Tonolli S., R. De Battisti e L. Masutti, 2002 – La condizione della lepre in Trentino: attività sperimentale. Università degli Studi di Padova. Tesi di laurea.
Trocchi V. e F. Riga (a cura di), 2001 – Piano d’azione nazionale per la Lepre italica (Lepus corsicanus). Quad. Cons. Natura, 9, Min. Ambiente – Ist. Naz. Fauna Selvatica.
Trocchi V. e F. Riga (a cura di), 2005 – I Lagomorfi in Italia. Linee guida per la conservazione e la gestione. Min. Politiche Agricole e Forestali – Ist. Naz. Fauna Selvatica, Documenti Tecnici, 25:1-128.